L’esperienza del San Diego Comic-Con 2017 si è conclusa da meno di due mesi ed a guardarmi indietro oggi, mi sorprendo ancora di quanto questa manifestazione, dalla mia prima volta nel 2010 sia cambiata, diventando un fenomeno sempre più allargato e conosciuto e che oggi ha raggiunto anche i nostri confini. Il modo stesso di fare televisione è profondamente cambiato, come lo sono i gusti più raffinati (e critici) degli spettatori.
Immagini ® Teresa Soldani
Che il SDCC poi sia divenuto evento di risonanza globale lo si può intuire respirando l’aria di San Diego a fine luglio di ogni anno, il numero dei partecipanti sembra aumentare sempre di più, anche se è fisicamente impossibile, considerato che gli spazi del Convention Center sono sempre gli stessi. Il battage pubblicitario necessariamente richiama partecipanti più inesperti e con essi arrivano anche i problemi, le file di più difficile gestione, le lunghe e vane attese. Un conto è infatti aspettare a lungo, pur riuscendo a vedere i propri beniamini, un altro è farlo invano.
Il SDCC 2.0 porta porta con sé anche dei vantaggi: una maggiore distribuzione dei panel, che oggi si tengono sostanzialmente in tutti gli spazi disponibili nel Gaslamp Quarter, il quartiere in cui sorge il Convention center, e soprattutto più coraggio da parte degli organizzatori. Quest’anno per esempio – per la prima volta da che frequento la manifestazione – ho visto in Ballroom 20 un interessante panel dedicato all’animazione, nel quale Ron Diamond, fondatore dell’Animation Show of Shows and Acme Filmworks, ha presentato 11 corti dell’animazione provenienti da tutto il mondo. Certo, panel “di nicchia” come questi sono più difficili da far digerire ad un pubblico abituato a vedere attori famosi e première esclusive, ma questo non significa che il Comic-Con non possa tentare di educare il proprio pubblico, provando a mostrare loro anche qualcosa di inaspettato, senza dover necessariamente relegare questi panel in sale più piccole e meno frequentate.
Il mio personale campo di battaglia resta la Ballroom 20, nella quale vengono schedulati quasi tutti i panel riguardanti le serie TV e a cui fa da concorrente da qualche anno giusto la indigo Room dell’hotel Hilton, che sorge di fianco al Convention Center. la gestione delle file lì è ancora accettabile, se si è disposti a trascorrere la notte fuori – tra l’altro dormendo in un prato e sotto dei tendoni – è facile conquistare le prime file della seconda sala più grande per estensione dell’evento. Anche quest’anno, nonostante il caos generalizzato, non siamo mai stati seduti più indietro della quinta fila. Da ricordare che la fila nella quale si dorme la notte per entrare in Ballroom 20 è la stessa per accedere anche al piano terra ed a tutte le sale del Convention Center, indistintamente, quindi accade spesso che l’impressione di essere molto indietro possa essere ingannevole, perché una buona parte delle persone che vi precedono è in realtà diretta altrove. Come ogni anno la vera battaglia è per la fila della Hall H, ho avuto colleghi quest’anno che si sono messi in fila a mezzogiorno del venerdì per entrare sabato e non sono riusciti a conquistare il famigerato wrist band che dà l’accesso alla sala, un inferno insomma. Quindi, nel caso vi rechiate al SDCC solo per i panel in Hall H, ricordatevi che potreste molto facilmente non riuscire ad entrare (soprattutto il sabato, in cui sono concentrati i panel più interessanti) e sarebbe quindi salutare avere sempre un piano alternativo. Nonostante la comprensibile delusione iniziale, ricordatevi che al SDCC si trova sempre e comunque qualcosa di divertente da fare!
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SAN DIEGO COMIC-CON 2017
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