Il 2014 è stato un anno particolare al Comic-Con di San Diego, perché per la prima volta – il fatto che ci abbia messo “solo” cinque anni è da encomio – riuscii a vedere esattamente tutto quello che mi ero prefissata di vedere durante l’evento, un risultato quasi da guinness dei primati e che solo chi ha messo piede al SDCC può comprendere a fondo.
Immagini ® Teresa Soldani
Grazie ad un’attenta pianificazione l’annata fu particolarmente divertente, anche se non cominciò esattamente sotto i migliori auspici. Anche quella volta non arrivavo da sola dall’Italia, sebbene non raggiungemmo mai più le cifre del mitico gruppo del 2013, ed a causa di un problema con il sito della piattaforma su cui avevo prenotato il nostro ostello, ci ritrovammo senza un posto dove dormire, il che durante il SDCC è una cosa davvero brutta, perché non si trova un letto da San Diego a Los Angeles in quella settimana!
L’antipatica esperienza, tuttavia, finì per trasformarsi in qualcosa di positivo, perché l’incredibile staff dell’USA Hostel ci salvò letteralmente la vita quando si rese conto che il problema non era dovuto a noi. Con incredibile prontezza, l’ostello rinunciò alla sua sala della colazione e ci approntò una stanza “di salvezza” accogliendoci tra le sue ospitali quattro mura. Risolta l’emergenza alloggio, che in realtà potrebbe essere considerata marginale se si considera che durante l’evento si trascorre più di una notte a dormire all’aperto, in fila, tutto filò sostanzialmente liscio – tranne una sera in cui un tipo piuttosto brillo, mentre dormivamo in fila, decise che il nostro gruppo era simpatico abbastanza da accamparsi con noi. Anche in questo caso la questione fu risolta rapidamente e senza intoppi chiamando la sicurezza, che ci liberò senza indugio del fastidioso “ospite”.
Per quanto concerne il programma di quell’anno – come accennavo – fu davvero intenso, ma ci vide per la prima volta conquistare la prima fila della Ballroom 20, un risultato di cui siamo ancora tutte molto orgogliose. Quell’anno, inoltre, era previsto un evento serale che avrebbe raccolto tutti i protagonisti delle serie di The CW, divenute ormai un fenomeno crescente, ma il panel si sarebbe tenuto in Hall H, la terribile Hall H, e soprattutto in conclusione di una giornata veramente calda, che avrebbe visto ospiti della sala più grande del Convention Center vari attori dei film Marvel. Finita la giornata in Ballroom 20 provammo a passare in Hall H ed a chiedere se ci fosse la remota possibilità di entrare per l’Evento CW, ma chi gestisce le file lo escluse categoricamente e noi tornammo in ostello con la coda tra le gambe a farci una meritata doccia dopo due giorni che non toccavamo un materasso. Poi mi venne in mente di controllare gli Account Twitter che monitorano le file del SDCC (quello per la Hall H e della Ballroom 20 sono davvero utili) e grazie a loro scoprii che non c’era affatto fila per entrare e che le persone che ci avevano detto che non c’era speranza, stavano in realtà gestendo la fila per la sala che si era già formata per il giorno dopo. Nonostante la stanchezza siamo schizzate fuori dall’ostello e siamo tornate al Convention Center (è per questo motivo che dico sempre che trovare un hotel/ostello nel Gaslamp Quarter o dintorni è fondamentale, perché se fossimo state nell’Hotel Circle non avremmo mai fatto in tempo a tornare indietro) e ci siamo godute una serata davvero divertente e che per la prima (ed ultima volta da allora) riunì assieme tutti gli attori ed autori delle serie CW. non posso non citare inoltre il panel di Bones, il penultimo che si sarebbe tenuto al SDCC e la scoperta di Tom Mison, il protagonista di Sleepy Hollow, serie della Fox che seguivo, che non avevo tuttavia mai incontrato di persona e che si rivelò uno dei migliori intrattenitori dell’evento, capace di far ridere persino un sasso.
Non posso non citare infine il Nerd HQ, quello fu il primo anno in cui Stephen Amell, il protagonista di Arrow, partecipò all’evento e fece un panel di beneficenza per “Conversation for a Cause”. Non solo riuscii a conquistare un biglietto, ma lo presi persino in prima fila e Stephen Amell a distanza ravvicinata decisamente valse il viaggio a San Diego, per non parlare del fatto che ebbi l’opportunità di fare una foto con lui con l’occasione.