La mia prima esperienza al Comic-Con di san Diego è stata completamente folle. Senza avere bene chiaro in testa di cosa fosse e cosa comportasse partecipare ad un evento del genere, dopo essermi messa d’accordo con una ragazza americana conosciuta via Twitter, anche lei – come me – appassionata di Bones, sono partita alla volta di San Diego con l’unico scopo di incontrare e vedere gli attori della serie. Anche se parliamo di soli sette anni fa, dovete credermi quando vi dico che il SDCC era molto, molto diverso: certo, era sempre uno degli eventi più mastodontici del genere, ma ancora non raggiungeva i numeri di oggi e tutto era più semplice. Il solo fatto che io, da sola, sia riuscita ad acquistare il pass per accedervi approfittando della messa in vendita dei biglietti restituiti dagli utenti che non sarebbero potuti andare (rivendita che oggi non esiste nemmeno più o che comunque è aperta solo agli americani), la dice lunga su quanto fortunata ed ingenua io sia stata.
Insieme alla mia amica Christine ho prenotato una stanza all’hotel-circle di San Diego (una sorta di raccordo che circonda la città e sul quale affacciano diverse strutture alberghiere) e ci siamo incontrate il giorno dell’apertura dell’evento. Se questa cosa fosse successa solo qualche anno dopo, non saremmo nemmeno riuscite a prenotare l’hotel: oggi mi preoccupo di cercare un posto per dormire prima di lasciare San Diego per tornare l’anno successivo, quindi con 365 giorni di anticipo, tanto per darvi un’idea della situazione.
Immagini ® Teresa Soldani
Ad ogni modo, nonostante tutto fosse molto più sottodimensionato rispetto ad oggi, la folla dei partecipanti mi scioccò lo stesso: mai in vita mia avevo visto simili file! Essendo una convention su larghissima scala, al SDCC non è possibile acquistare photo-op o autografi con i propri beniamini (tranne qualche rara eccezione) e tutti gli attori che vi partecipano, firmano i poster del prodotto in cui recitano per un esiguo e fortunato numero di fan che si sono aggiudicati l’onore riuscendo a sopravvivere alle “12 fatiche di Ercole del nerd“. Lotterie indette mesi prima, estrazioni a sorpresa… le Major americane inventano soluzioni di ogni genere per distribuire i pochi biglietti a disposizione ed ogni anno la concorrenza si fa più dura.
Nel 2010 non c’era nulla di tutto questo: appena venivano aperte le porte del piano terra, dove si trovano gli stand di tutti i rivenditori e quelli dei vari network (Fox, CW, ABC, etc, etc) il malcapitato doveva fingere di non correre come un forsennato verso il suo obiettivo (la sicurezza era severissima anche allora) e cercare di afferrare al volo uno dei biglietti che alcune gentili signorine distribuivano al di là del bancone. A seconda di cosa c’era scritto su tale bigliettino, ti aggiudicavi la possibilità di incontrare gli attori di quella serie: un gioco al massacro! Ora, per chi non lo sapesse, io non sono esattamente un gigante, mentre gli americani vengono tirati su a bistecche di bisonte e OGM, quindi la battaglia per me era persa in partenza, non riuscivo nemmeno a vedere al di là della marea umana che mi precedeva, figurarsi prendere un bigliettino. Incredibilmente però, una delle ragazze che era in fila davanti a me e con la quale avevo chiacchierato, era rimasta così colpita dal fatto che fossi arrivata dall’Italia solo per vedere gli attori di Bones, che – trovandosi per le mani un bigliettino per gli autografi con i protagonisti della serie – è venuta a cercarmi e me ne ha fatto dono. Ed ecco la storia di come ho incontrato per la prima volta David Boreanaz, Emily Deschanel e Hart Hanson, il creatore della serie, al Comic-Con di San Diego, impresa che – peraltro – non mi è MAI più riuscita negli anni successivi.
Vogliamo chiamarla fortuna del principiante?