Si è aperto, lunedì 14 ottobre il MIA, Mercato Internazionale dell’Audiovisivo promosso da ANICA (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali) presieduta da Francesco Rutelli e APA (Associazione Produttori Audiovisivi) presieduta da Chiara Sbarigia e diretto per il 3° anno da Gaia Tridente torna a Roma dal 14 al 18 ottobre con la sua decima edizione.
Nato nel 2015 per supportare l’internazionalizzazione delle imprese audiovisive italiane, il MIA è cresciuto diventando un appuntamento fondamentale per l’industria audiovisiva globale, un mercato curatoriale che abbraccia le diverse esigenze di un ecosistema dinamico che comprende generi differenti con necessità, paradigmi produttivi e distributivi diversi, concepiti per pubblici distinti e con particolare attenzione alle tecnologie più innovative applicate alla produzione audiovisiva. Un attore strategico in tutta la catena di valore, dalla co-produzione, allo sviluppo e alla circolazione delle opere e dei talenti, nella direzione di una rinnovata ricerca e scoperta di titoli inediti, pronti per la distribuzione e la release di mercato. In 10 anni il MIA è diventato un partner affidabile per gli attori del mercato, una piattaforma per la scoperta di nuovi progetti e un incubatore di business.
Quest’anno il MIA celebra i suoi 10 anni di attività, con un programma ricco di novità e un percorso editoriale che condurrà alla scoperta di tutte quelle opere che, grazie alla loro partecipazione al MIA, hanno trovato partner creativi, produttivi, finanziari, distributivi che hanno permesso la produzione di oltre 100 opere tra film, serie, opere di animazione e documentari.
Wellbeing in Productions: From Script to Screen
In uno dei panel più interessanti della giornata, intitolato Wellbeing in Productions: From Script to Screen, il dottor Jake Knapik, psicologo clinico specializzato in salute mentale e benessere nell’industria dello spettacolo, e Valeria Bullo, consulente per il benessere e l’inclusione nel settore cinematografico e televisivo, hanno parlato con il pubblico presente di come integrare il benessere nella cultura produttiva, di come dare importanza alla salute mentale e promuovere ambienti inclusivi ed hanno offerto esempi pratici e strumenti che i team di produzione potranno implementare per sostenere il benessere delle persone coinvolte.
Entrambi i panelisti hanno spiegato in che modo si possa parlare di salute mentale in tutti gli stadi della produzione e di come a volte bastino piccoli gesti – che devono sempre necessariamente partire in prima istanza dagli Studios e di conseguenza dalla leadership nella catena produttiva – che non costino nulla in termini economici ma possano avere grande impatto sull’ambiente lavorativo, come permettere ai propri collaboratori di staccare completamente dal lavoro durante il week-end, impedendo scambi di mail di lavoro oppure lasciare che i collaboratori si allontanino dalla scrivania durante la pausa pranzo, sostenendo come un ambiente di lavoro felice, crei inevitabilmente prodotti migliori.
L’importante, secondo Knapik e Bullo, sarebbe creare delle linee guida che aiutino i lavoratori a convivere in un ambiente molto stressante, dando loro gli strumenti per sapere, per esempio, a chi rivolgersi in caso di problemi e facendo in modo che questi canali siano di reale aiuto per impedire qualsiasi conflitto.
La Peak TV è morta e non tornerà
Nel secondo panel, Guy Bisson di Ampere Analysis ha condiviso lo stato di salute dell’industria dell’intrattenimento spiegano senza ombra di dubbio come la Peak TV sia morta e non tornerà.
Tra i dati più interessanti condivisi dalla Ampere Analysis, come il Covid e gli scioperi di Hollywood abbiano portato ad una recessione che ha condotto ad un calo degli investimenti colpendo soprattutto le serie scripted e ad una minore apertura al rischio di investimento, che ha portato a produrre meno generi costosi come la fantascienza ed a fare più acquisizioni per trasmettere serie in licenza sulle proprie piattaforme.
Il futuro, secondo i dati raccolti, non sarebbe nero, ma nemmeno del tutto roseo, con una crescita prevista, fino al 2029, dello 0,2% contro il 6% della Peak TV.
Il mercato dell’intrattenimento, inoltre, starebbe assistendo ad uno spostamento degli interessi dagli Stati Uniti vero l’Europa e l’India, considerati molto attivi, in cui si segnala un grande interesse per serie crime e thriller che costituiscono il 50% di quelle ordinate fino a questo momento, seguite da commedie e drammi.
Immagini per gentile concessione Guy Bisson di Ampere Analysis
Drama Breakthroughs: Game Changing Stories
Per il secondo capitolo di Drama Breakthroughs, una serie di incontri iniziata al MIA nel 2023, Sky Studios è stata protagonista con tre serie evento: L’Arte della Gioia (prodotta da HT Film), M – Il Figlio del Secolo (prodotta da The Apartment) e Dostoevskij (prodotta da Paco Cinematografica).
Queste serie, applaudite dal pubblico dei festival di Berlino, Cannes e Venezia, raccontano storie audaci e non convenzionali, caratterizzate da temi e da una complessità emotiva di grande impatto. La loro unicità e l’eccezionale valore editoriale le rendono prodotti imperdibili, con la capacità di raggiungere un pubblico globale.
Il panel è stato l’evento di apertura di MIA Drama ed ha ospitato Valeria Golino, autrice e Regista di L’Arte della Gioia, Stefano Bises e Davide Serino, sceneggiatori di M – Il Figlio del Secolo e Damiano e Fabio D’Innocenzo, autori e registi di Dostoevskij. Il panel è stato moderato da Paolo Ciccarelli.
Valeria Golino, a proposito del suo L’Arte della Gioia ha descritto la protagonista della serie, interpretata da Tecla Insolia, come un personaggio ribelle e senza sensi di colpa, una caratteristica solitamente attribuita agli uomini, spiegando come l’ossessione di Modesta sia quella della conquista del desiderio e della gioia.
per quanto concerne invece il personaggio di Mussolini in M – Figlio del secolo, interpretato da Luca Marinelli, Stefano Bises ha spiegato come molto del materiale arrivato a noi sul dittatore fosse materiale di propaganda e come loro abbiano cercato di spogliarlo di quell’aura restituendo al pubblico un personaggio più umano, che mostri quanto piccolo, opportunista, al limite della codardia ed immorale fosse nella realtà
Fabio e Damiano D’Innocenzo, sceneggiatori e registi di Dostoevskij, hanno spiegato di come la loro serie parli di una ricerca non solo di un assassino, ma della propria autonomia di pensiero. L’arte della necessità di comprendere e accettare se stessi anche nei lati peggiori’.