Bones 10×03 The purging of the pundit: recensione
Se qualcuno poteva aver mai espresso il timore che la morte di Sweets sarebbe stata presto dimenticata sicuramente questo episodio ha messo in chiaro quale sia la direzione che gli autori hanno deciso di prendere dopo i tristi e sconvolgenti eventi della premiere e dell’episodio che l’ha seguita. Lance Sweets è tutt’altro che dimenticato, dai suoi colleghi, da Booth, dalla sua famiglia putativa.
Quando Rodolfo Fuentes in laboratorio, fa le sue condoglianze ai colleghi per la perdita subita, tutti smettono di lavorare e lo guardano con il dolore negli occhi e le parole di Cam “Possiamo evitare di parlare di Sweets proprio adesso? Se lo facciamo cominceremo a piangere e contamineremo le prove,” mettono ben in chiaro quali siano i sentimenti di tutti e quanto la ferita sia ancora aperta.
Ma chi preoccupa davvero, la persona più segnata dalla morte del suo collega ed amico è proprio Booth ed, in perfetto stile maschio alfa, lui si rifiuta di vedere il problema. I traumi vissuti dall’agente negli ultimi mesi non sono facili da affrontare e Booth non è mai stato il tipo di uomo disposto ad aprirsi e a parlare dei suoi stati d’animo. Non solo non ha più fiducia nell’istituzione per cui lavora da una vita, ma si sente anche responsabile per la morte del suo partner ed il suo rifiuto di accettare Aubrey come possibile sostituto di Sweets non deriva solo da questa perdita di fiducia, ma anche dal fatto che non vuole sentirsi responsabile per la vita di altri che non sia se stesso.
Dopo vari tentativi di Aubrey di rendersi utile e di cercare di convincere il collega di essere degno di poter entrare a far parte del suo team, l’uomo, all’ennesimo rifiuto di Booth, lo affronta a muso duro, dandogli persino dell’idiota, e dicendogli che ogni volta che si prende gioco di lui in realtà manca di rispetto alla capacità di giudizio di Sweets che aveva invece dimostrato di fidarsi di Aubrey tanto da coinvolgerlo nelle indagini per far scagionare Booth. Sebbene quindi la reazione del giovane agente sia forse un po’ sopra le righe (dare dell’idiota al proprio superiore non è probabilmente il metodo migliore per conservare il proprio posto di lavoro), Booth è abbastanza onesto con se stesso e con Aubrey da poter ammettere che le sue parole non sono poi così campate in aria.
E poi c’è l’elemento Brennan, da non sottovalutare mai quando c’è in gioco il benessere di Booth, ed – ancora una volta – l’antropologa riesce, con la sua ferrea logica, a convincere il marito ad accettare l’aiuto di Aubrey ed a non isolarsi ulteriormente e che lei lo faccia rinunciando ad andare sul campo con lui, che era il motivo per cui, in primo luogo, aveva deciso di collaborare con l’FBI, la dice lunga su quanto tenga a Booth e a quanto sia disposta a rinunciare per il bene dell’uomo che ama.
Il caso, che riguardava il presentatore di un programma radio particolarmente aggressivo, coinvolto nel mondo del sadomasochismo, ha quel tanto di ironia nella quale la serie eccelle, da alleggerire l’atmosfera rispetto ai passati episodi che, per quanto intensi, non hanno permesso di iniziare la serie sotto una luce particolarmente allegra. Un aspetto interessante della puntata e che potrebbe scatenare qualche critica da parte dei più attenti spettatori riguarda proprio la natura della vittima ed il suo lavoro. La trasmissione che presentava infatti, altro non era che una serie di rabbiose esternazioni nei confronti di immigrati, persone di colore, in difesa del diritto di possedere un arma e proteggere la propria cultura. Temi molto delicati, decisamente cari ai Repubblicani, ma trattati con evidente ironia durante l’episodio. Hollywood certamente è un mondo liberale, che tende più a proporre argomenti cari alla sinistra americana piuttosto che quelli più prettamente riferiti ai conservatori e sarebbe certamente curioso vedere come questo episodio in particolare possa aver toccato le ferite aperte di una parte del pubblico della serie, soprattutto quando alcuni temi sociali sono, oggi più che mai, territorio di un aspro scontro politico in America.