Ammettiamolo, il sentimento è comune probabilmente alla maggior parte di noi, dopo la visione di My Struggle IV, siamo tutti qui a sperare che qualcuno abbia pietà dell’eredità che questo show merita di lasciare alle generazioni future di appassionati di serie TV e stacchi generosamente la spina. E’ sconvolgente come, anche dopo la fine di questo reboot, ancora sia lasciato aperto lo spazio per una possibile dodicesima stagione, e lo diciamo a conclusione di una stagione che ha avuto persino impennate di autentico genio da parte di alcuni autori, pur non essendo riuscita in alcun modo a riprendere le file della complessa mitologia che ha creato.
Più di ogni altro show, The X-Files è l’esempio di come il dio denaro riesca ad ottenebrare le menti del “power that be“, di fronte alla possibilità di spremere un franchise che ha davvero poca vita rimasta, almeno a giudicare da questo season (series?) finale.
Bisogna ammettere che, quanto meno, My Struggle IV ha il merito di chiudere in maniera quanto meno sensata una storyline lasciata aperta lo scorso anno, riducendo quello che era stato il tema della grande cospirazione e del virus letale che minacciava il mondo (rivelatasi poi solo una visione del futuro di Scully), ad una dimensione più umana e cioè la missione di un padre ed una madre alla ricerca del proprio figlio, puntando su quello che di meglio questo show ha ancora da offrire: il legame tra Mulder e Scully. E questa è la cosa più gentile che si possa dire sull’episodio, perché il resto è pura, inconcludente follia, accompagnata per lo più da dialoghi da fan fiction senza alcuno spessore.
Dopo aver sentito David Duchovny pronunciare battute come “Avevo qualche rivincita… da rivendicare” o scambi del genere:
“E’ impossibile“.
“E’ più che impossibile“, quando Scully rivela a Mulder di essere incinta, crediamo ci sia davvero poco da aggiungere sul tono generale di un episodio in cui il protagonista passa quasi tutto il tempo correndo come un folle in macchina all’inseguimento di William, mentre la sua partner resta sempre lontana dall’azione, per raggiungere Mulder solo alla fine e sostanzialmente rinnegare tutto quello che, fino a qualche minuto prima, era sempre stata la sua ragione di vita: il legame con il figlio ed il suo desiderio di salvarlo.
Nonostante, più di quanto abbia fatto Duchovny, Gillian Anderson sia riuscita comunque a dare delle sfumature di intensità al suo personaggio, il problema non è legato alle performance in sé dei protagonisti, quanto al materiale che è stato loro messo a disposizione.
Dopo una breve conversazione con Skinner che, peraltro, in puro stile X-Files, non ci viene nemmeno mostrata, improvvisamente infatti Scully scopre in se stessa la capacità di distaccarsi completamente da quello che per una vita ha creduto essere il figlio suo e di Mulder, comunicando a quest’ultimo che, pur avendo portato in grembo il bambino, non era altro che il frutto di un esperimento, al contrario del figlio che sta crescendo dentro di sé e che merita invece di avere due genitori.
Non solo quindi la notizia che Scully sia incinta coglie tutti di sorpresa, diretti interessati compresi, ma serve in un certo senso per eliminare qualsiasi legame con il loro passato, soprattutto ora che entrambi credono che William si sia sacrificato per salvare Mulder. Oalmeno così vorrebbero farci credere.
Esiste infatti la possibilità, da non escludersi, che l’intento di Scully sia piuttosto quello di distogliere l’attenzione del suo caparbio partner da William, sapendo che quest’ultimo è ancora vivo (madre figlio continuano a condividere un legame psichico dopotutto) e soprattutto essendo certa che il ragazzo possa avere la parvenza di una vita normale solo se lei e Mulder faranno il sacrificio di rinunciare definitivamente a lui.
Ma anche queste sono solo supposizioni, perché, come spesso è accaduto in questa serie, per privilegiare il senso di mistero e di latente pericolo, gli autori hanno fatto la scelta cosciente di non sviluppare affatto un personaggio essenziale alla trama come William, se non mostrando i suoi spaventosi e devastanti poteri e dedicandogli un breve, iniziale, monologo in questo episodio che è tutto ciò che ci resterà di un personaggio tanto importante per la storia stessa dei protagonisti.
Non possiamo, infine, non provare una certa soddisfazione nel registrare la fine dell’uomo che fuma o quella del nuovo personaggio introdotto in questa stagione (che peraltro abbiamo sempre pensato assomigliasse in maniera inquietante, e probabilmente non casuale, a Steve Bannon), Mulder ha sparato a parecchie persone in questo episodio, ma ciò nonostante il senso generale di commedia dell’assurdo rimane, esaltata peraltro da una regia, sempre ad opera di Chris Carter, che ha privilegiato ambientazioni eccessivamente scure, tanto da rendere a volte fastidiosamente difficile distinguere cosa accadesse sullo schermo.
In conclusione, al netto di una stagione che ci aveva colpito positivamente nel suo insieme, il finale di stagione si rivela la cosa meno soddisfacente di questo secondo anno di reboot, confermando come sia sostanzialmente impossibile intaccare il tema della mitologia di The X-Files senza causare un disastro, dimostrando come una scelta davvero coraggiosa sarebbe stata probabilmente quella di chiudere le trame lasciate in sospeso all’inizio della stagione e creare qualcosa di nuovo per uno show che, grazie a due protagonisti che hanno dato anima e cuore ai loro personaggi, ha comunque dimostrato di avere ancora qualcosa da dire.