The X-Files: recensione dell’episodio 11×08 Familiar

Familiar è forse il più classico degli episodi di The X-Files andati in onda in questa stagione, anche se, messo a confronto con l’evidente tentativo degli autori di aggiornare le storie di Mulder e Scully ai nostri tempi e alle nostre attuali paure, finisce per risultare meno efficace di quelli che lo hanno preceduto.

Sebbene “l’effetto nostalgia” in parte funzioni – se lo show è riuscito dopotutto a ritagliarsi ancora un pubblico dopo tutto questi anni, è proprio in nome dei tempi che furono – la contaminazione con il tentativo di modernizzare l’episodio, ci restituisce un risultato forse troppo confuso, come se la scelta di ricreare un certo tipo di suspense, cara alla serie, finisca per cozzare con la realtà.

Familiar, a parte il non trascurabile fatto che il titolo rivela nero su bianco la soluzione del mistero, è un X-Files allo stato puro, con vittime innocenti e raccapriccianti mostri, il tutto nell’atmosfera di un’uggiosa cittadina degli Stati Uniti, circondata da sontuosi boschi e isolata dal resto del mondo, un panorama che – già di per sé – ci catapulta in una pura atmosfera da X-Files, alimentata dalla presenza di spaventosi mostri mascherati da amici dei bambini, nelle fattezze di un orrifico Mr. Chuckleteeth e di una rivisitazione dei ben noti Teletubbie, qui chiamati Bibbletickle, dei pupazzi particolarmente spiritati che, nella realtà, dominerebbero probabilmente gli incubi di qualsiasi bambino.
Questi azzeccatissimi personaggi sono un evidente accostamento al concetto dell’effetto spaventoso delle fiabe su bambini ed adulti e di come i primi abbiano un’idea di paura completamente diversa dai secondi, i quali tendono invece a proiettare i propri incubi nella realtà.

L’aspetto, per così dire, sociale dell’episodio, viene invece affidato alla trama dedicata al colpevole designato, un uomo accusato di corruzione di minore e trasferitosi nella cittadina senza essersi presentato, come la legge richiederebbe, presso le forze dell’ordine.
L’episodio si sofferma brevemente sulla facilità con cui la società giudichi le persone, senza lasciare loro davvero una via di scampo o una possibilità di redenzione, anche nel caso in cui queste persone risultino colpevoli di un vero reato.
Nella fattispecie, la storyline di Melvin Peters, condannato per corruzione di minore, quello che negli Stati Uniti viene chiamato “statuatory rape“, e giustiziato dal padre della prima piccola vittima di fronte ad una folla inferocita, è un esempio di come una previa mancata connessione emotiva tra il personaggio ed il pubblico, non faccia ottenere l’effetto desiderato.

Un elemento, o meglio una mancanza, che si ripete anche per quanto concerne la trama principale dell’episodio e la rivelazione del vero colpevole e cioè una moglie tradita, che – incapace di controllare le forze del male che ha risvegliato per vendetta – non solo finisce per uccidere la sua stessa figlia, ma muore a sua volta di fronte agli occhi di Mulder e Scully.
Anche in questo caso, come accennavamo, nonostante il compito degli eventi sia in parte quello di risvegliare le coscienze degli spettatori muovendoli in parte a commozione, la totale mancanza di connessione con il personaggio nel corso dell’episodio, rende vano il tentativo, come non aiuta il fatto che i nostri eroi, al di là di alcune mere ipotesi, risultino sempre diversi passi indietro rispetto al vero colpevole e diventino di fatto due spettatori degli eventi.

Nonostante le evidenti mancanze di Familiar e pur non essendo l’episodio tra i più riusciti di questa stagione, l’effetto nostalgia a cui avevamo fatto cenno all’inizio della recensione assolve in parte al suo compito, rendendo questa puntata decisamente vintage, piacevole da guardare.

https://www.youtube.com/watch?v=Jb6a-pu3hmM

Il nono e penultimo episodio dell’undicesima stagione di The X-Files, intitolato Nothing Lasts Forever, andrà in onda negli Stati Uniti mercoledì 14 marzo su Fox.

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